Cos’è il toro, inteso come superficie? Beh, partiamo dalle cose che conosci di sicuro…ti piacciono le ciambelle? Perfetto, sei già a un ottimo punto di partenza, perché nelle prossime righe andremo a scoprire come definire matematicamente la forma di una bella ciambella, proprio come quella riportata nell’immagine qui sotto.
Non so se sei uno/a che analizza ciò che vede e prova a darci una spiegazione matematica o scientifica, però spesso quando mi trovo a contatto con oggetti anche comuni io ci provo e, effettivamente, quando ho provato a pensare come descrivere una palla nessun problema, un dado nessun problema, ma una ciambella?!
Mi sono trovato in una situazione simile quando ho provato a descrivere la forma delle nuvole, inutilmente chiaramente. Queste domande però mi hanno portato a scoprire l’esistenza dei frattali, sui quali puoi anche trovare un interessante articolo qui: Frattali in natura, alla scoperta di questi strani oggetti.
In questo articolo andremo a scoprire cos’è il toro, la superficie che più si addice per descrivere la tua amata ciambella che mangi a colazione. Vedremo come costruirlo, la sua equazione, come rappresentarlo in due dimensioni e anche un sistema dinamico semplice e interessante su esso definito (parleremo di biliardi).
Per cui le cose da studiare sono tante quindi…iniziamo!
Costruzione geometrica del toro
Per costruire il toro si può partire da un pezzettino di plastica o qualunque materiale abbastanza flessibile. Puoi ritagliarlo di forma quadrata o rettangolare, come la figura qui sotto.
Ora per fornire le istruzioni che ti permetteranno di ottenere il toro partendo da questo pezzettino di plastica, userò le lettere indicate nella figura qui sopra. Per cui devi andare a incollare tra loro i due lati $b$ a $b’$, ottenendo così un cilindro senza tappi, come rappresentato qui sotto:
Nel cilindro qui sopra, come puoi vedere, abbiamo identificato i due lati $b$ e $b’$, il che vuol dire che abbiamo definito una relazione di equivalenza tra due dei quattro lati del quadrato, ovvero $b\equiv b’$. Per concludere la nostra costruzione non ci resta che incollare tra loro anche i lati $a$ e $a’$, stando però attenti a non cambiare l’orientamento delle due circonferenze, ovvero senza attorcigliare il cilindro su se stesso.
Ah..una cosa importante! Se invece di mantenere l’orientamento facessi un cambio di orientamento, ovvero artorcigliassi una volta il cilindro, otterresti la bottiglia di Klein, altra superificie parecchio interessante di cui parleremo in un articolo in futuro.
Identifichiamo quindi $a\equiv a’$ e otteniamo il nostro toro come rappresentato qui sotto:
Interessante come costruzione, no?! Se ti interessa sapere come ho creato le immagini qui sopra (e anche quelle che seguiranno), ci tengo a dirti che ho usato GeoGebra, un software che se non conosci ti consiglio davvero di scoprire, è molto potente ed intuitivo. Io non lo so usare in maniera troppo spinta (si possono fare davvero delle figate assurde) ma mi basta per rappresentare situazioni e oggetti in modo da chiarirmi come sono fatti.
Detto ciò, come vedi nella figura del toro qui sopra, ho evidenziato due circonferenze e non l’ho fatto a caso. Infatti queste corrispondono ai punti in cui tu hai messo la colla sul pezzettino di plastica. Come puoi vedere una è associata all’identificazione (equivalenza) dei lati $a\equiv a’$ a l’altra relativa alla relazione di equivalenza $b\equiv b’$.
Questo ci porta evidentemente a motivare la costruzione, ben più formale e astratta, che di solito viene proposta quando si parla del toro:
Il toro geometrico è ottenuto come il prodotto cartesiano di due circonferenze: $\mathbb{T}=S^1\times S^1$
Qualsiasi libro di testo di geometria
Data la costruzione semplice che abbiamo appena fatto, risulta molto più evidente il perché di questa costruzione più rigorosa e matematica. Infatti il prodotto cartesiano non fa altro che associare a ogni fissato elemento del primo insieme, tutti quelli del secondo.
Pensa di muoverti lungo la circonferenza verticale (quella che abbiamo denotato con $a\equiv a’$) e a ciascun suo punto traccia il cerchio massimo che seziona orizzontalmente il toro. Vedi quindi chiaramente che unendo tutte queste circonferenze al variare dell’elemento fissato sul cerchio verticale, ottieni esattamente tutta la superficie torica 🙂
Il toro in fondo è una tazza…
Questo è un tema di cui sei di sicuro a conoscenza se hai studiato un po’ di topologia o geometria o segui la pagina Instagram @mathoneig (fallo se non la segui ancora, la trovi qui: Pagina Instagram 😉 ).
Partiamo dal definire cosa sia uno spazio topologico, per poi introdurci al concetto omeomorfismo così da poter capire quantomeno intuitivamente l’immagine qui sopra.
Definizione (Topologia) Dato un qualunque insieme $X$, si dice topologia su $X$ un suo qualunque sottoinsieme $T\subset \mathcal{P}(X)$ (dove con $\mathcal{P}(X)$ intendiamo l’insieme delle parti di $X$) che soddisfi le 3 seguenti proprietà:
- L’insieme vuoto $\emptyset$ e $X$ appartengono a $T$
- L’unione di una quantità arbitraria di elementi di $T$ appartiene a $T$
- L’intersezione di due elementi di $T$ appartiene ancora a $T$
Un generico elemento di $T$ è detto sottoinsieme aperto di $X$.
Definizione (Spazio Topologico) Si dice spazio topologico una coppia $(X,T)$ dove $X$ è un insieme qualsiasi e $T$ è una topologia su $X$, secondo la precedente definizione.
Facciamo due esempi semplici di spazio topologico, ovvero la retta reale $\mathbb{R}$ dotata della classica distanza euclidea e l’insieme $A=\{1,2,3,4\}$ dotato di un’opportuna topologia che ora vedremo.
Sulla retta reale possiamo definire una topologia basata sugli intervalli $(a,b)\subset\mathbb{R}$. Infatti l’intersezione di due di questi è ancora un intervallo. Unione arbitraria di intervalli è ancora un intervallo e chiaramente l’insieme vuoto e anche $\mathbb{R}$ sono intervalli.
Magari è utile spendere due parole sul perchè $\mathbb{R}$ sia un intervallo, ma è abbastanza semplice. Si può infatti scriverlo come unione numerabile di intervalli ed è quindi un intervallo, ecco qui come si può fare:
$\mathbb{R} = \bigcup\limits_{n=1}^{+\infty} (-n,n)$,
per cui abbiamo mostrato che questa definisce una topologia su $\mathbb{R}$ e la possiamo scrivere come segue:
$T=\{(a,b): a<b, a,b\in\mathbb{R}\}$
Passiamo poi all’insieme $A$. Qui possiamo definire una topologia data dal seguente insieme:
$T=\{\emptyset,\{1,2,3,4\},\{1,2\},\{3,4\}\}$.
Infatti se tu guardi, l’intersezione di due elementi sta ancora in $T$, allo stesso modo la loro unione e gli insiemi banali appartengono all’insieme.
Una volta definito cosa vuol dire essere uno spazio topologico, vediamo quando due spazi topologici si possono dire omeomorfi:
Definizione (Omeomorfismo) Dati due spazi topologici $(X,T_1)$ e $(Y,T_2)$, si dice omeomorfismo tra $X$ e $Y$ una funzione continua $f:X\rightarrow Y$ che sia anche biiettiva e la cui inversa $f^{-1}:Y\rightarrow X$ è ancora continua.
Non voglio spaventarti inutilmente, infatti ecco una definizione molto intuitiva di omeomorfismo: due oggetti si dicono omeomorfi se, nel caso fossero fatti di gomma malleabile, fosse possibile rimodellare il primo oggetto per ottenere il secondo senza però eseguire operazioni come lo strappo o il taglio.
Ecco perché la topologia è chiamata geometria del foglio di gomma 😉
Bene, ora penso ti sia chiaro il senso dell’immagine qui sopra, infatti da un punto di vista topologico una tazza da caffè e una ciambella sono la stessa cosa. Su questi oggetti si è solito utilizzare la topologia dello spazio $\mathbb{R}^3$ nei quali essi vivono e sono immersi, ma non è importante approfondire questo concetto al momento, se però ti interessa lascia un commento all’articolo dicendomelo che così ci scriverò un articolo in futuro.
Giusto per non farci mancare nulla, rimanendo sul tema topologia faccio una piccola parentesi per parlarti del buco della ciambella 😉
Intuitivamente si può capire come la presenza di buchi nelle superfici, viste come spazi topologici, sia un invariante topologico, ovvero qualcosa che non cambia tra spazi che sono tra loro omeomorfi.
Infatti, come vedi, la tazza ha un buco nel manico, mentre la ciambella ha un buco al centro. In termini più formali i buchi, per superfici orientabili(e quindi più in generale spazi topologici con particolari proprietà), vengono caratterizzati da ciò che è detto genere di una superificie, che nel caso del toro e della tazza è $g=1$.
Ma non voglio dilungarmi oltre su questo tema, se può interessarti il concetto di genere e la famosa formula di Eulero, ecco qui un bel link di approfondimento: Caratteristica di Eulero
Ah…se possono interessarti questi temi nella mia tesi triennale li avevo spiegati abbastanza in maniera estesa, la puoi scaricare da qui: Tesi Triennale : Una panoramica sulla teoria ergodica e i biliardi.
Equazione del toro come superficie $\mathbb{T}\subset\mathbb{R}^3$
Per rappresentare il toro nel paragrafo qui sopra ho usato un’equazione in forma parametrica perché molto più comoda (o comunque di intuitiva comprensione), ma ora vedremo diversi modi per definire il toro in termini di espressione matematica.
In questo paragrafo andremo a vedere l’equazione parametrica e l’equazione cartesiana del toro. Partiamo da quella parametrica che, secondo me, è più facile da ricavare partendo dalla definizione di toro che abbiamo dato poche righe più in alto.
Supponiamo che $r$ sia il raggio della circonferenza $a\equiv a’$ che abbiamo rappresentato sopra e che $R$ sia il raggio della circonferenza dove vivono i centri delle circonferenze del precedente tipo, ovvero quella in mezzo alla ciambella 🙂 . Bene, se noi vogliamo individuare un punto sulla prima delle due circonferenze, è chiaro che basta fissare un angolo $v\in[0,2\pi)$ e siamo a posto, analogamente per i punti sulla seconda circonferenza, per i quali possiamo usare un altro angolo $u\in[0,2\pi)$.
Cosa vuol dire? Vuol dire che per ogni punto della superficie del toro possiamo univocamente associare una coppia di angoli $(u,v)\in[0,2\pi)\times[0,2\pi)=S^1\times S^1$, ovvero la parametrizzazione che andremo a definire tra poco è una funzione di questa forma:
$\varphi: [0,2\pi)\times [0,2\pi) \rightarrow \mathbb{T}\subset \mathbb{R}^3 $ dove $\varphi(u,v) = (x(u,v),y(u,v),z(u,v))$.
Vediamo ora come si può ottenere intuitivamente la seguente parametrizzazione, che è proprio l’equazione parametrica classica del toro
$\varphi(u,v) = ((R+r\cos{v})\cos{u},(R+r\sin{v})\cos{u},r\sin{u}).$
La cosa più ragionevole da fare, a parer mio, è fissare un punto sulla circonferenza verticale, ovvero un angolo $v\in[0,2\pi)$. A questo punto se noi proiettiamo sul piano $x-y$ la circonferenza orizzontale definita in corrispondenza di quel punto, otteniamo una circonferenza centrata nell’origine e di raggio opportuno, come puoi vedere in figura qui sotto:
Ora possiamo vedere come si può descrivere questa circonferenza rossa e poi possiamo lavorare sulla rimanente componente lungo $z$. Di sicuro essendo una circonferenza orizzontale, andremo ad utilizzare l’angolo $u$ e quindi il tutto sarà della forma $(\rho(v)\cos{u},\rho(v)\sin{u},0)$, dove dobbiamo però trovare il corretto raggio $\rho(v)$ che è chiaramente dipendente in qualche modo dall’angolo della circonferenza sulla verticale $v$.
Nel grafico qui sopra possiamo vedere, visto che ho tolto il toro, come ricavarci ciò che ci serve ovvero $\rho(v)$. Infatti ci basta calcolare la lunghezza del segmento $\bar{AB}$ e sottrarla ad $R$:
$\overline{AB} = r\cos{\beta} = r\cos{(180-v)} = -r\cos{v}$
segue che $\rho(v) = R+r\cos{v}$. Eccoci quindi ad aver parametrizzato la circonferenza proiettata sul piano $x-y$, ottenendo questa espressione:
$\tilde{\varphi}(u,v) = ((R+r\cos{v})\cos{u},(R+r\cos{v})\sin{u},0)$.
Ma ora è praticamente fatta, infatti ci basta “tirare su” la nostra circonferenza sul corretto piano $z=c(v)$. Ma questo piano lo possiamo vedere facilmente dal grafico che ho riportato qui sopra. Infatti è lo stesso dove vive il segmento $\overline{AB}$!
Questo piano è $z=r\sin{\beta} = r\sin{v}$. Ottimo, abbiamo ora l’intera parametrizzazione, come desiderato:
$\varphi(u,v) = \tilde{\varphi}(u,v) + (0,0,r\sin{v}) = ((R+r\cos{v})\cos{u},(R+r\cos{v})\sin{u},r\sin{v})$
Per concludere questa sezione, vediamo l’equazione cartesiana senza ricavarla, poi andremo a verificare che la forma parametrica soddisfa l’equazione cartesiana per completezza. In giro sul web e nei libri è più probabile trovare questa formula cartesiana ricavata piuttosto che quella parametrica, ecco perché ho deciso di fare la scelta opposta 😉
Il toro può essere definito implicitamente come il seguente luogo di punti:
$\mathbb{T} = \{(x,y,z)\in\mathbb{R}^3 : (R-\sqrt{x^2+y^2})^2+z^2=r^2\}$
Vediamo subito che questa vale nel caso della formula parametrica che abbiamo appena ricavato:
$\sqrt{x^2+y^2} = \sqrt{(R+r\cos{v})^2\cos^2{v} + (R+r\cos{v})^2\sin^2v} = R+r\cos{v}$
Quindi otteniamo $(R-\sqrt{x^2+y^2})^2=r^2\cos^2{v}$ che sommato a $z^2=r^2\sin^2{v}$ ci dà esattamente $r^2$.
Rappresentazione due dimensionale con relazione di equivalenza
Ne abbiamo fatti di progressi da inizio articolo! Complimenti se sei arrivato a leggere fin qui 😉 Mi farebbe molto piacere se lo condividessi con i tuoi amici, magari potrebbe essere interessante anche per loro!
Ora andiamo a vedere come sia possibile rappresentare il toro sul piano, utilizzando una relazione di equivalenza. Anche in questo caso ci sarà di grande utilità la costruzione che hai fatto con il pezzettino di plastica all’inizio (l’hai fatta vero?! 🙂 ).
Ricordiamo un attimo i passaggi:
- Abbiamo identificato, incollandoli, i due lati verticali $b\equiv b’$
- Nel cilindro senza tappi risultante, abbiamo identificato le due circonferenze chiudendo il tubo a ciambella, ovvero incollando $a\equiv a’$. Siamo anche stati attenti a non attorcigliare il tubo, altrimenti avremmo ottenuto qualcosa di molto più strano 😉
Ottimo! Rappresentare il toro sul piano, ovvero definire il cosiddetto TORO PIATTO, significa proprio indurre una relazione di equivalenza tra le due coppie di lati del quadrato di partenza.
Ti ricordo al volo che cos’è una relazione di equivalenza, nel caso non lo ricordassi o non l’avessi mai sentita nominare.
Dato un insieme $A=\{x_1,…,x_n\}$, si dice relazione di equivalenza su $A$ una relazione che soddisfa le seguenti proprietà:
- Riflessività: Ogni elemento $x_i$ è in relazione con se stesso
- Simmetria: Se l’elemento $x_i$ è in relazione con $x_k$, allora anche $x_k$ è in relazione con $x_i$
- Transitività: Se $x_i$ è in relazione con $x_j$ e $x_j$ è in relazione con $x_k$, allora anche $x_i$ è in relazione con $x_k$
Un esempio semplice di relazione di equivalenza che puoi definire sui numeri naturali è la seguente: Due numeri naturali sono in relazione tra loro se sono entrambi pari o entrambi dispari. Per esercizio ti consiglio di verificare le 3 proprietà in questo caso, è una cosa veloce 😉
Bene, noi stiamo proprio andando a definire una relazione di equivalenza tra gli infiniti punti dei due segmenti $a$ e $a’$ e similarmente sui due segmenti $b$ e $b’$, incollandoli.
Ecco qui sopra rappresentato il nostro toro piatto. Come mai oltre a colorare i segmenti per rappresentare le identificazioni a 2 a 2 ho usato dei vettori (frecce) invece che dei segmenti?
Beh, semplice! Perché non vogliamo solo identificarli in quanto “insieme di punti” ma vogliamo anche mantenere l’ordine con cui sono posizionati, per evitare di ottenere poi attorcigliamenti o deformazioni strane quando si va a replicare questa identificazione incollando effettivamente i lati.
Figata, no?! Bene, questa costruzione ci sarà davvero importante qui di seguito, dove andremo a vedere qualcosina sulle superfici di traslazione e sui biliardi a tavolo quadrato. Ti dico qualche pillola di ciò che avevo studiato per la tesi della triennale, che era proprio sui biliardi e se la vuoi puoi scaricarla da qui.
Traslazione sul toro e biliardi
Ora parleremo di biliardi, si proprio quello con cui giochi con i tuoi amici il venerdì sera 😉 . Chiaramente i biliardi che andremo a vedere sono ideali, ovvero senza attrito e con urti perfettamente elastici con le pareti del tavolo, e i tavoli su cui si può giocare (da bravi matematici) possono avere le più svariate forme ed essere addirittura illimitati.
Nel campo della teoria dei biliardi dinamici la ricerca è molto attiva anche attualmente e i progressi stanno arrivando molto lentamente, perché è un campo molto complicato. Ti basti pensare che ci sono problemi aperti anche semplici, per esempio non si sa quali siano (e se esistano sempre) le traiettorie periodiche nei biliardi su un tavolo triangolare con un angolo ottuso (maggiore di $90^°$).
In queste prossime righe andremo andremo ad iniziare a studiare i biliardi quadrati, perché la dinamica su questi può essere associata ad una dinamica sul toro, interessante no?! 😉
Intanto ti suggerisco di guardare questo video che avevo fatto a riguardo qualche tempo fa:
Ma torniamo a noi!
Quindi abbiamo questo tavolo quadrato, l’idea è che se abbiamo una traiettoria che incide una parete con un certo angolo, grazie al fatto che il biliardo è ideale, andrà a rimbalzare con lo stesso angolo della parte opposta. Puoi vedere questa cosa nell’immagine qui sotto, andando a concentrarti sul primo segmento, del quadrato in basso a sinistra, $\overline{EF}$ e poi sulla parte tratteggiata.
Per esempio questa è una traiettoria periodica nel biliardo. Ma cosa sono gli altri quadrati?
Questa è una costruzione nota come Costruzione di Katok-Zemliakov. L’idea di questa costruzione è che appena una traiettoria incontra una parete e cambia direzione, possiamo riflettere il quadrato sul lato colpito dalla traiettoria e proseguire in linea retta la traiettoria invece di rifletterla nel biliardo originale.
Per costruzione quindi ogni lato di ogni copia del biliardo é identificato con esattamente un lato di un’altra copia del biliardo. Ecco che si inizia ad intravedere il toro.
Infatti se tu guardi, il lato $\overline{CB}$ è sia lato destro del primo quadrato ma anche sinistro del secondo quadrato, che sono quindi identificati come avevamo fatto con $a\equiv a’$ all’inizio dell’articolo.
Allo stesso modo abbiamo che il lato $\overline{CD}$, che è il secondo ad essere colpito dalla reale traiettoria ed è il lato superiore del primo quadrato, verrà identificato con $\overline{CD’}$, che è il lato inferiore del terzo quadrato.
Non mi aspetto di averti chiarito questa costruzione, se l’hai capita però sono contento 😉 , però la cosa importante è che capisca l’importanza di quello che stiamo facendo. Infatti in questo modo abbiamo semplificato notevolmente la dinamica della pallina del biliardo, rendendola di per sè estendibile all’infinito come una retta ed essendo poi in grado anche di risalire ai punti di contatto reali di questa traiettoria con il biliardo originale.
Per concludere ti chiedo uno sforzo mentale. Se passiamo da questa costruzione sul piano ad una visualizzazione tridimensionale, ci credi che questa retta non è altro che una curva nel toro che si ottiene incollando i lati identificati?
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