Stavo bazzicando un po’ di tempo fa su Quora (ehm, si in effetti ci sto passando più tempo di quanto dovrei ultimamamente…) quando mi sono imbattuto nella domanda “Quali sono alcuni Paradossi matematici?” e senza pensarci due volte ho deciso di rispondere. Ho colto l’occasione al volo e mi sono documentato; nella risposta originale non mi sono dilungato troppo, ma qui possiamo scavare un po’ di più.
Prima di inziare però avviso chiunque abbia voglia di continuare, che a volte l’argomento sarà, per così dire, indigesto e abbastanza paradossale, appunto. Non posso non citare a questo punto quello che il mio professore di Analisi II mi ha detto una delle prime volte che è entrato in classe:
Chiedi quello che non devi e otterrai quello che non vuoi. ~AM
Ebbene preparatevi, perché si è giunti al punto di non ritorno. Di seguito ne elenco solo due (quelli che di più mi hanno colpito durante il mio percorso), ma una lista abbastanza esaustiva sui paradossi più famosi si può trovare qui.
Il paradosso di Banach-Tarski
Esso risale a due tra i più famosi matematici del ‘900, dicasi Stefan Banach e Alfred Tarski. Ma prima di enunciare il paradosso facciamo un passo indietro. Probabilmente nella vita di un matematico ci si imbatte prima o poi nell’assioma della scelta. Ebbene cosa dice? Immaginate di avere un certo insieme (di oggetti, di numeri, di calzini, di monete… poco importa). Ebbene nulla ci vieta in questo insieme di poterne scegliere un elemento… Ecco. L’assioma della scelta dice proprio questo:
Esiste una funzione che ad un insieme non vuoto fa corrispondere un suo elemento.
A dire il vero la definizione matematichese è un po’ più sottile, ma per quello che ci interessa ci possiamo fermare qui.1
Nulla di irragionevole a quanto pare… Appunto. Pare. Ebbene riporto qui una delle conseguenze più sconcertanti di questo assioma (attenzione: assioma significa che lo si può accettare come no! Se non lo si accetta, la matematica continua ad avere senso, ma si passerebbe allora ad un punto di vista cosiddetto costruttivista e questa diventa una storia moooolto lunga).
Prendiamo dunque una sfera in senso classico, cioè in $latex \mathbb{R}^3$. Suddividiamola in un insieme finito di pezzi non misurabili (detto in soldoni: dobbiamo suddividerlo in un modo sufficientemente complicato) . Utilizzando solo rotazioni e traslazioni è possibile riassemblare i pezzi in modo da ottenere due sfere dello stesso raggio dell’originale. È abbastanza controintuitivo riuscire a creare due sfere al posto di uno solo usando rotazioni e traslazioni senza usare allungamenti, stiramenti o aggiungendo punti. Ebbene però è così, perchè se i pezzi sono scelti in modo abbastanza strano, non si può definire una nozione di volume ben definita e quindi non è irragionevole aspettarsi che non si conservi.
[Gentile concessione di Wikipedia.org]
Confusi: ebbene non è finita qui! Questo “smantellamento” e “riassemblamento” può essere fatto anche con soli 5 pezzi! Niente dice che questi pezzi debbano essere infiniti! Beh non rimane che provarci a casa! Dividendo e riassemblando una pesca un numero finito di volte possiamo costruire una palla grande come il sole!
Breve nota storica
In realtà con questo risultato, Banach e Tarski intendevano fornire argomenti a sostegno della loro decisione di non avvalersi dell’assioma della scelta e speravano di spingere alle medesime conclusioni gli altri matematici dell’epoca. Contrariamente a quanto da loro auspicato, tuttavia, la maggior parte dei matematici preferisce utilizzare tale assioma e vedere nel risultato paradossale di Banach e Tarski semplicemente un risultato controintuitivo (e tuttavia di per sé non contraddittorio).[1]
1. [In matematichese, un’enuciazione appropriata dell’assioma della scelta potrebbe essere “Data una famiglia non vuota di insiemi non vuoti esiste una funzione che ad ogni insieme della famiglia fa corrispondere un suo elemento.” Notiamo che la cardinalità dell’insieme potrebbe anche essere infinita, ecco perchè questo assioma è abbastanza contestato. Una certa classe di matematici neanche troppo ristretta è abbastanza restia ad accettare questo assioma in quanto considerato in qualche modo “non naturale” e preferiscono lavorare solo con gli assiomi che si possono realmente “costruire” nella vita reale, ecco perchè si chiamano “costruttivisti” appunto, ma questa è un altra storia…] ↩
Il paradosso di Russell
Se qualcuno si sta chiedendo perché la parola paradosso sia in corsivo, sappia che la risposta sta arrivandola risposta è scritta poco sotto… Questo paradosso (o per lo meno presunto tale) può essere enunciato così:
L’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene a se stesso se e solo se non appartiene a se stesso.
Dunque risulta un po’ più chiaro perché questo non sia un paradosso ma piuttosto un’antimonia… Citando Wikipedia “un paradosso è una conclusione logica e non contraddittoria che si scontra con il nostro modo abituale di vedere le cose, mentre un’antinomia è una proposizione che risulta autocontraddittoria sia nel caso che sia vera, sia nel caso che sia falsa”. [2]
Ebbene, questo problema fu sollevato in un periodo in cui la matematica stava attraversando un grave periodo di insicurezza e di instabilità in quanto non si riusciva a darle delle basi solide su cui fondarla. La questione sollevata da Russell alimentò in maniera significativa la necessità di trovare delle basi solide e stabili su cui fondare la regina delle scienze. Il rischio era che trovare che la matematica avesse delle contraddizioni interne o delle basi non consistenti, demolisse a cascata tutte le altre scienze che si fondavano sulla matematica stessa! Si lo so, sembra catastrofico messa così, ma in realtà lo è!
Storicamente il paradosso di Russell viene scoperto proprio nel periodo in cui Frege stava scrivendo (in realtà aveva già pubblicato il primo volume) un’opera monumentale in cui procedeva alla vera e propria “logicizzazione” dei concetti che Dedekind e Peano avevano dimostrato essere alla base dell’aritmetica e, di conseguenza, di tutta la matematica. Sto parlando dei Principî dell’aritmetica.
Immaginatevi la faccia di Frege ricevendo la lettera di Russell in cui gli viene detto che tutto il lavoro della sua vita era da buttare via…
Il problema tuttavia rimaneva aperto! Si può veramente fondare la matematica su qualcosa di solido/certo/lapidario/incontestabile/uguale per tutto e per tutti? Bisogna aspettare altri 29 anni per inquadrare questo paradosso all’interno di una cornice più grande… Fu il logico dall’altisonante nome di Kurt Gödel che, nel 1931, risolse definitivamente la questione dimostrando l’impossibilità tout court di produrre una fondazione certa dell’aritmetica.
I suoi risultati sono ora una pietra miliare e vanno sotto il nome di teoremi di incompletezza. Per completezza riporto qui di seguito il principale risultato di Godel che va anche a chiudere il cerchio di questa breve storia, ma che purtroppo lascia un senso di impotenza devastante:
Teorema (primo Teorema di Incompletezza) In ogni formalizzazione coerente della matematica che sia sufficientemente potente da poter assiomatizzare la teoria elementare dei numeri naturali — vale a dire, sufficientemente potente da definire la struttura dei numeri naturali dotati delle operazioni di somma e prodotto — è possibile costruire una proposizione sintatticamente corretta che non può essere né dimostrata né confutata all’interno dello stesso sistema.2
2. [L’idea di fondo della dimostrazione può essere così riassunta: Supponiamo esista una proposizione G la cui interpretazione standard sia “$latex G$ non è dimostrabile in $latex P$”. Se $latex P\vdash G$, cioè se $latexG$ fosse dimostrabile in $latexP, G$ risulterebbe falsa. Ma per il teorema di completezza di Gödel, ogni proposizione dimostrabile in $latex P$ risulta vera, dunque G non può essere dimostrabile in P e quindi è vera. Quindi $latex -G$ risulta falsa e, per lo stesso motivo, non può essere dimostrabile in P. Pertanto se esiste una proposizione il cui contenuto è “io non sono dimostrabile in P”, tale proposizione risulterà vera ma non dimostrabile.] ↩
So che sarà dura, ma questa notte cercate di riuscire a dormire…
Au revoir,
Erik
Bibliografia
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Banach-Tarski
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Russell
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