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Come studiare una dimostrazione matematica

Le dimostrazioni sono i pezzi fondamentali su cui la matematica è stata costruita e viene costruita giorno dopo giorno. Sono delle costruzioni logicamente solide che portano da un insieme di ipotesi ad una tesi. Studiare dimostrazioni matematiche però è tutt’altro che facile, soprattutto senza un buon metodo.

Qualche tempo fa ho scritto un articolo introducendo cos’è una dimostrazione, e lo trovi qui Introduzione alle dimostrazioni matematiche.

In questo articolo ti racconterò il mio metodo e darò alcuni suggerimenti per migliorare il modo con cui ti approcci ad una dimostrazione, così da rendere il processo meno pesante.

Possiamo dividere il metodo in 6 steps, che ora elencherò brevemente, con qualche spiegazione che spero ti aiuterà. Il tutto sarà presentato in prima persona, perché racconto esattamente ciò che faccio per studiare una nuova dimostrazione.

Capire l’enunciato e le ipotesi

Il primo obiettivo che mi pongo è capire bene il teorema che vado a dimostrare. Provo a chiedermi perchè e se tutte le ipotesi siano necessarie, cercando di vedere cosa accadrebbe togliendone qualcuna. In questo modo sarà più coerente la dimostrazione e capirò meglio quando viene utilizzata una certa ipotesi, dato che ho in teoria scoperto il motivo per cui essa deve esserci.

Leggere attentamente la dimostrazione un paio di volte

Inizio leggendo la dimostrazione attentamente e cercando di capire l’argomento generale. Cerco quindi di individuare dove le ipotesi sono utilizzate e perché queste portino a concludere la tesi desiderata.

Identificare le parti della dimostrazione

In molti casi, le dimostrazioni possono essere suddivise in varie parti o passaggi. Quello che faccio è quindi dividerla in step indipendenti, quasi come fosse una serie di dimostrazioni correlate (non sempre questa fase è fattibile, ma è raro che non sia possibile ‘dividere in paragrafi’ la dimostrazione). Ad ognuno di questi pezzi assegno un titolo. Una volta fatto ciò, prendo un foglio e mi segno i titoli dei pezzi, legandoli con delle frecce. Cerco quindi di capire le seguenti cose:

  • Quali sono le ipotesi e le tesi di ognuna di queste parti?
  • Come si passa dalla tesi della prima parte all’ipotesi della seconda?
  • E così via..

A questo punto mi trovo tra le mani uno schemino come quello qui sotto.

Capire bene ogni pezzo e procedere in ordine

Ora provo a capire ogni singolo pezzo della dimostrazione, andando in ordine sequenziale ovviamente. Per quanto mi riguarda l’importante è capire che risultato/certezza si è raggiunta al termine di ogni pezzetto della dimostrazione. Così da poterlo poi considerare come ‘ipotesi’ aggiuntiva per dimostrare il pezzo seguente.

In questa parte del metodo può essermi anche utile scrivere degli appunti su ciò che non ho capito o domande che ho. Queste le faccio in seguito ad altri compagni di corso o al professore direttamente.

Riprovare a dimostrare i risultati

Una volta letta e capita la dimostrazione, di solito passo a fare altro per un po’ (può andare bene qualche ora, ma anche un giorno). Una volta lasciato passare un po’ di tempo, provo a riscrivere la dimostrazione o a riprodurla da solo. Se ho a disposizione una lavagna, mi piace farlo in quel modo cercando anche di commentare a voce alta i passaggi, per la prima volta. Altrimenti un bel foglio di carta è più che sufficiente.

In questo modo, posso verificare se ho veramente compreso il ragionamento matematico.

Fidarsi del processo e studiare tante dimostrazioni

Per me è molto chiaro che il solo fatto di ripetere questi passaggi con altre dimostrazioni matematiche, mi aiuta molto a capire le dimostrazioni. La ripetizione aiuta a migliorare le mie abilità e la mia comprensione generale della matematica.

Alcuni consigli finali

E’ importante ricordare che la comprensione di una dimostrazione richiede tempo e pratica. Non scoraggiarti se ci vuole del tempo per capire un argomento matematico complesso. Continua a lavorare sodo e cerca sempre di approfondire la tua comprensione.

Inoltre, è fondamentale non trovarsi in situazioni con poco tempo disponibile. In tal caso infatti l’unica cosa possibile potrebbe essere imparare la dimostrazione a memoria. Tuttavia l’obiettivo di studiare una dimostrazione è quello di comprenderne i ragionamenti logici, estrapolarne tecniche e processi utili per costruirne di nuove, e anche quello di comprendere più a fondo il teorema stesso. Se la impari a memoria non migliorerai mai e non sarai mai in grado di adattare la dimostrazione a teoremi e risultati simili.

Le applicazioni della matematica nella vita quotidiana

A scuola la matematica spesso è un ostacolo insormontabile ed è per questo che sono in molti ad avere un rapporto difficile con questa materia. Dopo aver “litigato” per anni con equazioni, ascisse, ordinate non sorprende che tante persone siano ben contente di non averci più a che fare. Ma è davvero così?

La matematica è molto più presente nella nostra vita quotidiana di quanto si potrebbe credere e addirittura molte delle cose che facciamo sarebbero irrealizzabili senza di essa. Quindi, eliminarla del tutto dalla propria vita risulta molto difficile, se non praticamente impossibile. Tanto vale trovare un modo per conviverci oppure, ancora meglio, trovare un modo per iniziare ad apprezzarla.

La matematica nei computer

C’è un dispositivo di cui non possiamo più fare a meno che è strutturato interamente sulla matematica. Stimo parlando del PC, che è basato al 100% su numeri. In particolare, il computer utilizza il sistema binario, cioè un sistema di codifica con sequenze di due numeri: 0 e 1. Per le macchine elettroniche questo è infatti il sistema più efficace di elaborare le informazioni.

Ma non solo, l’intera disciplina dell’informatica nasce e deriva direttamente dalla matematica. Erano matematici, infatti, i primi informatici, i quali diedero vita alla nuova disciplina cercando di sviluppare macchine in grado di automatizzare – e quindi velocizzare – l’esecuzione di calcoli. 

La matematica nei giochi e negli smartphone

Derivati direttamente dai computer, anche i giochi elettronici e i moderni telefoni fanno un abbondante ricorso alla matematica per il loro funzionamento. Le console di videogiochi hanno raggiunto delle potenze di calcolo paragonabili o superiori a molti PC e si basano su un funzionamento sostanzialmente analogo. 

Anche altri giochi come i videopoker o le slot machine utilizzano la matematica, ad esempio per generare sequenze di numeri casuali. I cosiddetti RNG, generatori di numeri casuali, utilizzati dai siti web legali di slot online, sono dei programmi che selezionano a caso alcuni tra tutti i numerosissimi risultati possibili di un particolare gioco. In pratica, replicano i risultati probabilistici che si otterrebbero in una giocata in un casinò reale, ma dal momento che viene esclusa la componente umana, sono anche molto più precisi e sicuri.

Il discorso è analogo negli smartphone, che sono dei veri e propri computer in miniatura. Sono dotati di un processore che elabora calcoli e permette alle applicazioni di funzionare. In più, c’è da ricordare che anche le telecomunicazioni sono intrise di matematica, a partire dal numero di telefono che ci viene assegnato…

I numeri nell’economia domestica

Lo sappiamo bene, gestire una casa costa molto e le spese quotidiane influiscono molto sul nostro bilancio familiare. Anche solo fare la spesa ci richiede una operazione matematica: lo scontrino che il commerciante ci consegna contiene infatti una somma dei prezzi di ogni prodotto che abbiamo comprato. 

Le bollette della corrente elettrica e del gas per il riscaldamento, ma anche quelle del telefono, ci arrivano in forma di conteggio e quindi implicano la matematica. Scegliere l’operatore che ci consente di risparmiare implica una comparazione tra numeri e tariffe, cioè un’operazione matematica.

Se paghiamo l’affitto, dovremo stare attenti che quest’ultimo sia compatibile con il nostro stipendio e avremo ancora una volta a che fare con numeri. Ma se compriamo una casa? In questo caso i calcoli da fare sono molti di più, perché dovremo far fronte ad una vera e propria operazione finanziaria, stando attenti a quanti soldi dobbiamo dare come anticipo alla firma del preliminare, quanto al rogito ed eventualmente quanto dovremo pagare mensilmente come rata del mutuo.

La matematica negli investimenti e nelle assicurazioni

Un altro settore che fa un ampio utilizzo della matematica è quello finanziario ed assicurativo. Qualsiasi calcolo di un interesse a partire da una certa somma di denaro è un’operazione matematica, che può diventare anche molto complessa nel caso dell’interesse composto. Quest’ultimo aggiunge gli interessi sul capitale più gli interessi e ci torna sicuramente utile quando pianifichiamo i nostri investimenti.

Ma anche le operazioni sulle azioni o sulle obbligazioni nei mercati finanziari sono operazioni matematiche. Ogni volta che compriamo un’azione ad un determinato prezzo, speriamo di rivenderla ad un prezzo maggiore realizzando una plusvalenza. Tutto questo è un calcolo, che potrebbe renderci degli investitori felici oppure potrebbe darci molte preoccupazioni se non siamo stati attenti.

Anche il campo assicurativo si basa sulla matematica ed in particolare sulla probabilità. Quando stipuliamo una polizza sulla vita, la compagnia ci assegna un importo da pagare in base a quella che è la nostra probabilità di raggiungere una determinata età avanzata, sviluppata su un modello matematico. Lo stesso vale per le assicurazioni mediche, che si basano sulla probabilità di avere problemi di salute: per questo i giovani pagano molto di meno delle persone anziane. L’assicurazione della macchina varia in base alla città in cui viviamo e all’età (oltre a numerosi altri parametri) perché questi dati incidono sulla probabilità di avere incidenti.

La matematica nelle tasse

Se già non ci piace la matematica, in questo caso finiremo proprio per odiarla. Sì, proprio così, perché i numeri sono indispensabili anche per pagare le tasse ogni anno. Lo stato ci richiede di calcolare quelle che sono state le nostre entrate nel corso dei 12 mesi precedenti e su queste pagare le tasse dovute in base alla nostra fascia di reddito. Chi è libero professionista dovrà anche tenere la contabilità con fatture e spese da detrarre, un po’ come le aziende: si tratta ovviamente di operazioni matematiche.

Abbiamo visto che i numeri sono davvero onnipresenti nella nostra quotidianità, in modo molto semplice o a volte in modalità molto complesse come nel caso degli investimenti. In ogni caso, saper far di conto è sicuramente un vantaggio che può tornare molto utile nella vita!

Biografia sintetica di Srinivasa Ramanujan

Questa biografia è tratta, in gran parte, da questo articolo:

https://mathshistory.st-andrews.ac.uk/Biographies/Ramanujan/

Il mio lavoro è stato di sintesi, traduzione e integrazione con qualche altro materiale. Fammi sapere con un commento se può interessarti qualche altra biografia 🙂


Biografia di Ramanujan

Infanzia

Srinivasa Ramanujan è stato uno dei più geniali matematici indiani. Ha dato contributi sostanziali alla teoria analitica dei numeri e ha lavorato su funzioni ellittiche e serie infinite.

Srinivasa Ramanujan

Ramanujan è nato nella casa di sua nonna in un piccolo villaggio a circa 400 km a sudovest di Madras (ora Chennai).

Frequentò varie scuole prima di entrare alle superiori, dove si dimostrò un ottimo studente. Nel 1900 iniziò anche a lavorare in proprio sulla matematica, dedicandosi a serie geometriche e aritmetiche.

A Ramanujan è stato mostrato come risolvere le equazioni cubiche nel 1902. Si è poi dedicato a riscoprire in autonomia come risolvere le equazioni quartiche. Inoltre, non sapendo che le equazioni di grado cinque non potevano essere risolte tramite radicali, si avventurò nel provare a risolverle (ovviamente senza riuscirvi).

Durante le scuole superiori, si imbatté in un libro di matematica di G.S. Carr intitolato Sinossi dei risultati elementari in matematica pura, il quale diventò un faro per la sua carriera da matematico.

Questo libro, con il suo stile molto conciso, permise a Ramanujan d’imparare da solo la matematica. Tuttavia, lo stile del libro avrebbe avuto un effetto piuttosto sfortunato sul modo in cui Ramanujan avrebbe poi scritto i suoi risultati matematici, poiché l’unico approccio “formale” alla matematica con cui entrò in contatto proveniva proprio solamente da questo libro.

Il libro conteneva teoremi, formule e brevi dimostrazioni, alle quali però non era spesso attribuita la dovuta importanza. Conteneva anche un indice degli articoli sulla matematica pura che erano stati pubblicati nelle riviste europee delle società erudite durante la prima metà del XIX secolo. Il libro, pubblicato nel 1886, era ovviamente obsoleto quando Ramanujan lo usò.

Primi anni di ricerca

Nel 1904 Ramanujan iniziò a entrare nel mondo della ricerca matematica. Più precisamente, si interessò alla serie $\sum_{n\in\mathbb{N}_0}\frac{1}{n}$ e ad approssimare la costante di Eulero fino a 15 cifre decimali.

A causa del suo sproporzionato interesse verso la matematica, rispetto alle altre discipline, il suo rapporto con le università non fu mai buono. Infatti non riuscì a ricevere/mantenere borse di studio.

Journal of the Indian Mathematical Society

Senza soldi si trovò presto in difficoltà e, senza dirlo ai suoi genitori, scappò nella città di Vizagapatnam circa 650 km a nord di Madras. Tuttavia, continuò i suoi approfondimenti matematici e in questo periodo lavorò sulle serie ipergeometriche. Inoltre, indagò le relazioni tra integrali e serie. In seguito avrebbe scoperto di aver studiato le funzioni ellittiche.

Per nominare altri temi che, in quel periodo, interessarono Ramanujan, possiamo menzionare che lui studiò le frazioni continue e le serie divergenti nel 1908. Continuò inoltre a sviluppare le sue idee matematiche e iniziò a porre problemi e risolvere problemi nel Journal of the Indian Mathematical Society. Ha poi sviluppato alcune relazioni tra equazioni modulari ellittiche nel 1910. Dopo la pubblicazione di un brillante articolo di ricerca sui numeri di Bernoulli nel 1911 nel Journal of the Indian Mathematical Society, ha ottenuto del riconoscimento per il suo lavoro nel mondo accademico. Infatti, nonostante la sua mancanza d’istruzione universitaria, iniziava a diventare famoso nell’area di Madras come genio matematico.

Ramanujan è stato abbastanza fortunato ad avere un certo numero di persone che lavoravano intorno a lui con una formazione in matematica. Questi lo incoraggiarono spesso a contattare matematici rinomati, che lavoravano negli stessi suoi settori. Tra i vari matematici da lui contattati, ci fu anche Hardy, con il quale si è sviluppata poi una grandissima collaborazione.

La collaborazione con Hardy

Nel gennaio 1913 Ramanujan scrisse a G. H. Hardy dopo aver visto una copia del suo libro del 1910 Ordini dell’infinito. Nella lettera, Ramanujan si presenta così (libera traduzione della lettera originale):

Non ho avuto una formazione universitaria ma ho frequentato il percorso di studi ordinario. Dopo aver lasciato la scuola ho impiegato il tempo libero a mia disposizione per lavorare sulla matematica. Non ho frequentato un corso universitario, ma mi sto tracciando una nuova strada. Ho studiato le serie divergenti in generale e i risultati che ho ottenuto sono definiti dai matematici locali come “sorprendenti”.

Hardy

Hardy, insieme a Littlewood, studiò la lunga lista di teoremi non dimostrati che Ramanujan allegò alla sua lettera. L’8 febbraio ha risposto a Ramanujan, iniziando la lettera così:

Sono stato estremamente interessato dalla tua lettera e dai teoremi che enuncia. Capirai comunque che, prima che io possa giudicare adeguatamente il valore di ciò che hai fatto, è essenziale che io veda le dimostrazioni di alcune dei tuoi enunciati. I tuoi risultati mi sembrano rientrare in circa tre classi:

  1. esistono alcuni risultati già noti, o facilmente deducibili da teoremi noti;
  2. ci sono risultati che, per quanto ne so, sono nuovi e interessanti, ma interessanti piuttosto per la loro curiosità e apparente difficoltà che per la loro importanza;
  3. ci sono risultati che sembrano nuovi e importanti…
Biblioteca del Trinity College

Ramanujan fu chiaramente felicissimo della risposta di Hardy. Nel 1914, Hardy portò Ramanujan al Trinity College di Cambridge, per iniziare una straordinaria collaborazione. Fin dall’inizio, però, ha avuto problemi con la sua dieta, vegana. Lo scoppio della prima guerra mondiale rese più difficile procurarsi generi alimentari particolari a cui era abituato e non passò molto tempo prima che Ramanujan avesse problemi di salute.

Fin dall’inizio la collaborazione di Ramanujan con Hardy ha portato a risultati importanti. Hardy, tuttavia, non era sicuro di come affrontare il problema della mancanza d’istruzione formale di Ramanujan. Scrisse:

Cosa si doveva fare per insegnargli la matematica moderna? I limiti della sua conoscenza erano sorprendenti quanto la sua profondità.

A Littlewood è stato chiesto di aiutarlo a insegnare a Ramanujan metodi matematici rigorosi. Tuttavia lui disse

… che era estremamente difficile perché ogni volta che veniva menzionata una questione che si pensava che Ramanujan avesse bisogno di sapere, la risposta di Ramanujan era una valanga d’idee originali che rendevano quasi impossibile a Littlewood di persistere nella sua intenzione originale.

La guerra presto portò via Littlewood in servizio di guerra, ma Hardy rimase a Cambridge per lavorare con Ramanujan. Anche nel suo primo inverno in Inghilterra, Ramanujan si ammalò e nel marzo 1915 scrisse che era stato malato a causa del clima invernale e non aveva potuto pubblicare nulla per cinque mesi. Quello che pubblicò fu il lavoro che fece in Inghilterra, essendo stata presa la decisione che i risultati che aveva ottenuto mentre era in India, molti dei quali aveva comunicato ad Hardy nelle sue lettere, non sarebbero stati pubblicati fino alla fine della guerra.

Il 16 marzo 1916 Ramanujan si laureò a Cambridge con un Bachelor of Arts by Research (la laurea fu chiamata Ph.D. dal 1920). Gli era stato permesso d’iscriversi nel giugno 1914 nonostante non avesse le qualifiche adeguate.

Ramanujan si ammalò gravemente nel 1917 e i suoi medici temevano che sarebbe morto. A settembre è migliorato un po’, ma ha trascorso la maggior parte del tempo in varie case di cura.

Il 18 febbraio 1918 Ramanujan fu eletto membro della Cambridge Philosophical Society e poi tre giorni dopo, il più grande onore che avrebbe ricevuto, il suo nome comparve nella lista per l’elezione come membro della Royal Society di Londra. Era stato proposto da un impressionante elenco di matematici, vale a dire Hardy, MacMahon, Littlewood e molti altri. La sua elezione a membro della Royal Society fu confermata il 2 maggio 1918, quindi il 10 ottobre 1918 fu eletto Fellow del Trinity College di Cambridge, la borsa di studio che durerà sei anni.

Gli onori che furono conferiti a Ramanujan sembrarono aiutare la sua salute a migliorare un po’ e rinnovò i suoi sforzi nel produrre matematica. Alla fine di novembre 1918 la salute di Ramanujan era notevolmente migliorata. Hardy ha scritto in una lettera:

Penso che ora possiamo sperare che abbia girato l’angolo e che sia sulla strada di una vera ripresa. La sua temperatura ha cessato di essere irregolare e ha guadagnato quasi un chilo di peso. … Non c’è mai stato alcun segno di diminuzione nei suoi straordinari talenti matematici. Ha prodotto meno, naturalmente, durante la malattia, ma la qualità è stata la stessa. ….

Tornerà in India con una posizione scientifica e una reputazione come nessun indiano ha mai goduto prima, e sono fiducioso che l’India lo considererà il tesoro che è. La sua naturale semplicità e modestia non è mai stata minimamente intaccata dal successo – anzi tutto ciò che si vuole è fargli capire che è davvero un successo.

Ramanujan salpò per l’India il 27 febbraio 1919 arrivando il 13 marzo. Tuttavia la sua salute era pessima e, nonostante le cure mediche, vi morì l’anno successivo.

Fatti conclusivi

Le lettere che Ramanujan scrisse a Hardy nel 1913 contenevano molti risultati affascinanti. Ramanujan ha elaborato sulla serie di Riemann, gli integrali ellittici, le serie ipergeometriche e le equazioni funzionali della funzione zeta. D’altra parte aveva solo una vaga idea di cosa costituisse una dimostrazione matematica. Nonostante molti brillanti risultati, alcuni dei suoi teoremi sui numeri primi erano completamente sbagliati.

MacMahon

Ramanujan ha scoperto in modo indipendente alcuni risultati di Gauss, Kummer e altri sulle serie ipergeometriche. Il lavoro di Ramanujan sulle somme parziali e sui prodotti delle serie ipergeometriche ha portato a un importante sviluppo dell’argomento. Forse il suo lavoro più famoso è stato sul numero $p(n)$ di partizioni di un intero $n$ in somme. MacMahon aveva prodotto tabelle del valore di $p(n)$ per piccoli numeri $n$, e Ramanujan usò questi dati numerici per ipotizzare alcune proprietà notevoli, alcune delle quali dimostrò usando le funzioni ellittiche. Altri sono stati provati solo dopo la morte di Ramanujan.

In un articolo congiunto con Hardy, Ramanujan ha fornito una formula asintotica per $p(n)$. In quell’articolo introdussero un rilevante risultato che sembrava dare il valore corretto di $p(n)$, e questo fu successivamente dimostrato da Rademacher.

Ramanujan ha lasciato una serie di quaderni inediti pieni di teoremi che i matematici hanno continuato a studiare. G.N. Watson, professore di matematica pura a Birmingham dal 1918 al 1951 pubblicò 14 articoli con il titolo generale Teoremi enunciati da Ramanujan e in tutto pubblicò quasi 30 articoli ispirati al lavoro di Ramanujan. Hardy trasmise a Watson il gran numero di manoscritti di Ramanujan che aveva a disposizione, sia quelli scritti prima del 1914 che alcuni scritti nell’ultimo anno di Ramanujan in India prima della sua morte.

Fondamenti di teoria delle curve

Qualunque corso di base di geometria differenziale, inizia parlando di curve e superifici. Ho quindi pensato di iniziare questa serie di post che dedicherò alla geometria differenziale con un paio di articoli sulle curve e un altro paio sulle superfici.

Il mio intento è provare a spiegare i concetti fondamentali di quest’area della matematica, senza l’ambizione di essere esaustivo (per quello ci sono i libri di testo) ma con l’obiettivo di far arrivare l’intuzione dietro a concetti molto astratti quali quello di varietà. Cercherò di farlo tramite esempi e spiegazioni discorsive quando possibile.

Ovviamente ci saranno anche definizioni, enunciati e risultati matematici, però eviterò spesso di proporre le dimostrazioni (per le quali però darò delle referenze). In questo articolo e nel prossimo, dedicati alle curve, farò riferimento ad un libro per me davvero ottimo, ovvero l’Abate Tovena. Ti consiglio davvero di leggerne almeno i pezzi più importanti.

Ma veniamo quindi a questi due articoli…cosa esploreremo della teoria delle curve? Ho pensato di organizzarlo nei seguenti punti:

  • Definizione del concetto di curva
  • Cos’è la parametrizzazione con lunghezza d’arco
  • Cosa sono curvatura e torsione
  • Triedro di Frenet-Serret
  • Cos’è il grado di una curva
  • Cosa intendiamo per intorno tubolare di una curva

Cos’è una curva?

Iniziamo subito con la definizione, per poi passare a qualche esempio che di sicuro chiarirà il concetto.

Definizione (Curva parametrizzata) Una curva parametrizzata in $\mathbb{R}^n$ è una mappa $\sigma: I \rightarrow\mathbb{R}^n$, dove $I$ è un intervallo della retta reale. Diciamo $t\in I$ il parametro della curva, che definisce un punto (almeno) $\sigma(t)$ lungo quello che è chiamato sostegno della curva, ovvero l’immagine $\sigma(I)\subset\mathbb{R}^n$. Supposto $I=[a,b]$, diciamo $\sigma$ una curva chiusa se $\sigma(a)=\sigma(b)$.

In base a quante volte possiamo derivare la mappa $\sigma$, possiamo definire la regolarità della curva. Più precisamente, se la curva ammette le prime $k$ derivate continue, allora la curva sarà almeno di classe $C^k$.

Prima di sviscerare per bene la definizione, ci tengo a soffermarmi su una cosa importante ovvero

L’idea di curva che abbiamo di solito è di un sottoinsieme di $\mathbb{R}^n$, dato che se ti chiedono di disegnare una curva sul foglio vai a colpo sicuro. Però matematicamente è importante fare distinzione tra l’immagine in $\mathbb{R}^n$ della curva (ovvero quello che disegnamo), e la curva (parametrizzata) stessa.

Per fissare questo concetto, direi che è ora di vedere un esempio! Vediamo quindi due curve diverse, i cui sostegni però coincidono. Ovvero, in parole povere, i due disegni delle curve coincidono ma le loro parametrizzazioni no.

Esempio Consideriamo due curve $\sigma,\gamma : [0,2\pi]\rightarrow \mathbb{R}^2$ definite come segue:

  • $\sigma(t) = (\cos{t},\sin{t})$
  • $\gamma(t) = (\cos{(2t)}, \sin{(2t)})$.

Intanto vediamo che essendo entrambe le componenti di queste curve delle funzioni trigonometriche, queste curve possono essere derivabili infinite volte e quindi sono curve di classe $C^{\infty}$.

Probabilmente hai già visto queste curve e sai già come rappresentarle, però ho pensato di mostrarti un’animazione in cui è evidente come stiamo parametrizzando ciascuna curva:

https://www.mathone.it/wp-content/uploads/2021/05/SquareToCircle-1.mp4
Qui puoi vedere due punti che scorrono sulla circonferenza unitaria, uno alla velocità doppia dell’altro..ovvero nel tempo in cui un punto fa un singolo giro, l’altro ne fa 2, esattamente come descritto dalle parametrizzazioni viste sopra (il video è realizzato con Manim).

Non c’è molto da approfondire della definizione vista poco fa, se non il fatto che non necessariamente una curva è definita su un dominimo che è un aperto (intervallo) della retta reale. Per esempio, nel caso l’intervallo $I$ sia un insieme compatto (per esempio nel caso $I=[a,b]$) possiamo estendere la definizione della curva su un aperto che contiene tale insieme $I$ propriamente.

Una cosa molto interessante da precisare è che non necessariamente le curve che consideriamo sono iniettive. Un esempio di questa possibilità l’abbiamo visto con la parametrizzazione $\gamma$ vista sopra. Ciò significa che potremmo avere due punti distinti dell’intervallo $I$ che sono mandati nello stesso punto di $\mathbb{R}^n$. Un altro classico esempio è fornito dalla seguente curva:

$$ t\in\left(-\frac{\pi}{2},\frac{3}{2}\pi\right)\mapsto (\cos{t},\sin{t}\cos{t}) $$

Ciò significa, in particolare, che non tutte le curve parametrizzate devono essere rappresentate da un omeomorfismo dell’intervallo $I$ sul sostegno della curva, nel caso tu abbia già utilizzato questo concetto 😎

Un altro classico esempio di curva che di sicuro avrai utilizzato in passato, è quello ottenibile dal grafico di una funzione. Supponi infatti di avere una funzione $f:I\rightarrow\mathbb{R}^{n-1}$ di classe $C^k$. Allora essa definirà il sostegno di una curva, altrettanto regolare, parametrizzata come segue $\sigma:I\rightarrow\mathbb{R}^n,$ $\sigma(t) = (t,f(t))$.

Prima di passare a vedere il concetto di parametrizzazione tramite lunghezza d’arco, direi che è molto interessante (anche da un punto di vista applicativo) parlare di riparametrizzazione di curve e di curve equivalenti.

Date due curve parametrizzate $\sigma: I \rightarrow\mathbb{R}^n$, $\sigma’:\tilde{I}\rightarrow \mathbb{R}^n$ di classe $C^k$, diciamo che esse sono equivalenti se esiste un diffeomorfismo (funzione differenziabile e invertible, con inversa differenziabile) $h:\tilde{I}\rightarrow I$ della stessa regolarità, tale che $\sigma’ = \sigma\circ h$. Si dice quindi che $\sigma’$ è una riparametrizzazione di $\sigma$.

Prima abbiamo per esempio visto la riparametrizzazione $t\rightarrow 2t$ per muoverci al doppio della velocità lungo la circonferenzia unitaria.

Questo esempio, è anche uno dei vari che potremmo fare per parlare di curve chiuse. Chiaramente le curve chiuse non sono iniettive. La nozione di curva chiusa è stata introdotta nella definizione all’inizio di questa sezione, ma non mi ci soffermo più di tanto dato che penso sia abbastanza intuitivo. Giusto per non trascurare nulla però, ecco un altro esempio di curva chiusa: $$ t\in [0,6\pi]\mapsto (1+\sin{t}, 3+3(\cos{t})^3) $$

Parametrizzazione rispetto alla lunghezza d’arco

Essendo che in tutta la serie di articoli che sto iniziando con questo parleremo di geometria differenziale, vogliamo almeno essere in grado di calcolare le derivate prime degli oggetti che introduciamo. Nel caso delle curve, parametrizzate da $\sigma(t)$, vogliamo quindi che la funzione sia almeno di classe $C^1$.

Un ottimo modo per vedere una curva parametrizzata e capire anche il senso della sua derivata, è quello di pensare in termini fisici. Infatti se noi ci riferiamo al parametro $t\in I$ come un tempo, possiamo dire che il sostegno della curva rappresenta la strada percorsa da una particella in $\mathbb{R}^n$ nell’intervallo temporale $I$.

Ogni particella, oltre ad una strada che percorre, è anche caratterizzata da una velocità con cui la percorre. In un qualche modo (complicato) abbiamo già visto il concetto di velocità di percorrenza di una curva quando abbiamo introdotto la nozione di curve equivalenti. Infatti in tal caso abbiamo detto che due curve sono equivalenti se hanno lo stesso sostegno, il quale è però "coperto" in tempi diversi, ovvero con velocità diverse.

La velocità di una particella, non è altro che la derivata temporale della sua traiettoria. Nel caso quindi di una curva parametrizzata $\sigma(t) = (\sigma_1(t),…,\sigma_n(t))$, possiamo calcolare la derivata che sarà ancora un vettore di $\mathbb{R}^n$ definito come $\dot{\sigma}(t) = (\dot{\sigma}_1(t), … ,\dot{\sigma}_n(t))$. Questa derivata, come siamo abituati a pensare per qualsiasi funzione $f$, geometricamente rappresenta il vettore tangente nel punto $\sigma(t)\in\mathbb{R}^n$ al sostegno della curva in $\sigma(t)$.

Vediamo quindi un esempio di curva parametrizzata con rispettivo calcolo e rappresentazione del vettore tangente. Consideriamo la curva $\sigma(t) = (t,\sin{t})$ con $t\in [0,2\pi]$. La sua derivata definisce il vettore tangente $\sigma’(t) = (1,\cos{t})$ ottenuto semplicemente derivando le singole componenti rispetto a $t$. Qui sotto puoi vedere la rappresentazione grafica di ciò che stiamo facendo:

Una definizione importante in questo contesto è quella di curva regolare.

Diciamo una curva $\sigma:I\rightarrow\mathbb{R}^n$ regolare se per ogni $t\in I$, si ha $\sigma’(t)\neq 0\in\mathbb{R}^n$.

Prima di vedere un esempio di curva non regolare, ci tengo a stressare il fatto che nel caso di curve derivanti dal grafico di una funzione $f$, non avremo mai punti non regolari, ovvero dove la velocità è zero. Infatti tutte le curve di questo tipo prendono la forma $\sigma(t) = (t,f(t))$ e quindi $\sigma’(t) = (1,f'(t))$ che è sempre diverso dal vettore nullo.

Ecco un semplice esempio di curva non regolare: $\sigma(t) = (t^2,t^3)$ con $t\in [0,1]$. Infatti qui abbiamo $\sigma’(t) = (2t,3t^2)$ che si azzera in $t=0$. Ecco qui il grafico di questa situazione:

Come puoi vedere, il vettore tangente continua ad allungarsi mano a mano che $t$ cresce, però coincide con il vettore nullo nel caso $t=0$.

Questo allungamento del vettore tangente, non è sempre una cosa desiderabile dato che ci impone di "portarci dietro" delle normalizzazioni per definire concetti quale curvatura o torsione della curva. Ecco quindi che entra in gioco la parametrizzazione rispetto alla lunghezza d’arco di cui volevo parlarti in questa sezione.

Una curva $\sigma$ di classe $C^k$, con $k\geq 1$, che è parametrizzata rispetto alla lunghezza d’arco ha $|\sigma’(t)|\equiv 1$.

Parleremo di curve parametrizzate rispetto alla lunghezza d’arco quando la velocità istantanea di queste è unitaria in termini di modulo. Ogni sostegno di una curva ammette una ed una sola parametrizzazione rispetto alla lunghezza d’arco. E’ abbastanza chiaro poi che nel caso di questa scelta della parametrizzazione, il vettore tangente non potrà mai annullarsi e quindi avremo sempre curve regolari.

Per tutte queste belle proprietà, spesso questa parametrizzazione viene chiamata parametrizzazione naturale. Per riferirci ad una curva parametrizzata in questo modo, invece di $t$ useremo il parametro $s$. Vediamo quindi un semplice esempio.

Consideriamo la curva $\sigma(t) = (r\cos{t},r\sin{t})$, con $t\in [0,2\pi]$. Essa chiaramente non ha vettore tangente in norma unitaria, quindi questa non è una parametrizzazione naturale della circonferenza unitaria. Cerchiamo quindi di ricavarla.

Per ricavare il parametro lunghezza d’arco di $\sigma$ possiamo ricorrere alla seguente definizione

Consideriamo una curva $\sigma:I\rightarrow\mathbb{R}^n$ di classe $C^k$ con $k\geq 1$. Fissato un $t_0\in I$, la lunghezza d’arco di $\sigma$ a partire da $t_0$ è la funzione $s:I\rightarrow \mathbb{R}$ data da $$ s(t) = \int_{t_0}^t |\sigma’(r)|dr. $$

Ciò ci porta a dire che una curva è parametrizzata rispetto alla lunghezza d’arco se e solo se $s(t) = t-t_0$, ovvero se a meno di traslazioni $t$ coincide con $s(t)$.

Torniamo quindi al nostro esempio. In questo caso $\sigma’(t) = (-r\sin{t},r\cos{t})$ e quindi $|\sigma’(t)|=r$. Possiamo quindi calcolare la lunghezza d’arco di questa curva tramite l’integrale visto poco fa, ovvero $$ s(t) = \int_{t_0}^t |\sigma’(r)|dr = r(t-t_0). $$ Questo implica che, scegliendo $t_0=0$, otterremo la lunghezza d’arco $s(t) = rt$.

Se quindi sostituiamo a $t$, la quantità $s/r$ nella parametrizzazione $\sigma(t) = (r\cos{t},r\sin{t})$ otterremo una curva parametrizzata rispetto alla lunghezza d’arco $s$ : $$\sigma(s/r) = \left(r\cos{\left(\frac{s}{r}\right)},r\sin{\left(\frac{s}{r}\right)}\right) = \tilde{\sigma}(s).$$ Se infatti calcoliamo la norma del vettore tangente a $\tilde{\sigma}$ otterremo $|\tilde{\sigma}'(s)|=\left(r^2\left(\frac{1}{r^2}\cos{(s/r)}^{2}+\frac{1}{r^2}\sin{(s/r)}^2\right)\right)^{1/2} = 1$.

Puoi divertirti ora a calcolare la parametrizzazione rispetto alla lunghezza d’arco di tutte le curve che abbiamo visto negli esempi sopra 🤙🏻

Prima di passare alla prossima sezione, direi che è un buon momento per vedere un altro esempio molto interessante. Infatti di sicuro hai avuto modo di disegnare e studiare delle rette del piano o dello spazio. Queste sono curve tanto quanto quelle "che curvano" e abbiamo visto fino ad adesso. Ecco quindi brevemente quello che possiamo fare per parametrizzare una retta del piano e come trasformarla rispetto alla lunghezza d’arco. La retta che consideriamo è della forma $\sigma(t) = (t,mt+q)$, la cui derivata è $\dot{\sigma}(t) = (1,m)$. Intanto notiamo una cosa molto importante, ovvero che il vettore tangente che abbiamo trovato è costante, cosa che non è successa per nessuna delle curve precedenti.

La norma di tale vettore è costantemente uguale a $|\dot{\sigma}(t)| = \sqrt{1+m^2}$.

Abbiamo quindi visto che la lunghezza d’arco rispetto a $t_0=0$ è $s(t) = t\sqrt{1+m^2}$. Se sostituiamo $t = s/\sqrt{1+m^2}$ otteniamo la riparametrizzazione della retta rispetto alla lunghezza d’arco : $$ \sigma\left(\frac{s}{\sqrt{1+m^2}} \right) = \left(\frac{s}{\sqrt{1+m^2}},s\frac{m}{\sqrt{1+m^2}} + q \right). $$

Ottimo, ora siamo pronti per vedere in modo più chiaro cosa intendiamo con la frase la retta non è una curva che cuva mentre le altre che abbiamo visto sì. In particolare vedremo che una retta è una curva con curvatura zero.

Curvatura e torsione

Nel concludere la precedente sezione abbiamo realizzato che il vettore tangente ad una retta è costante e ciò si è verificato solo in quel caso. Possiamo quindi pensare ad una "curva che curva" come una curva il cui vettore tangente non è costante rispetto al parametro $t$ o $s$ nel caso della lunghezza d’arco.

Il vettore tangente a $\sigma(t)$, qualora essa sia una curva regolare e di classe almeno $C^1$, è sempre derivabile ed ha norma sempre maggiore di zero. Per cui possiamo tranquillamente anche definire una normalizzazione di questo vettore, semplicemente dividendo $\sigma’$ rispetto alla sua norma. Il motivo per cui vogliamo fare ciò, è che ci interessa parlare di come il vettore tangente varia lungo la curva, ma non ci interessano variazioni in norma, ma solo in direzione. E’ infatti intuitivo pensare a come una "curva curvi" parlando della variazione in direzione di tale vettore tangente.

Ecco quindi quello che possiamo chiamare versore tangente a $\sigma:I\rightarrow\mathbb{R}^n$ di classe $C^k$: $$ u(t) = \frac{\sigma’(t)}{|\sigma’(t)|}$$ che è una ben definita funzione da $I$ a $\mathbb{R}^n$ di classe $C^{k-1}$.

Una cosa importante da notare è che nel caso $\sigma$ sia parametrizzata rispetto alla lunghezza d’arco, abbiamo $|\sigma’(s)|\equiv 1$. In tal caso quindi abbiamo semplicemente $u(s) = \dot{\sigma}(s) = d\sigma(s)/ds$.

Ora abbiamo tutti gli strumenti per poter parlare di curvatura, semplicemente come norma della derivata del versore tangente. Infatti l’unico modo in cui può variare il versore tangente è in direzione, dato che la sua norma è fissata, quindi tale derivata misura effettivamente quanto la nostra curva $\sigma$ curva.

Definiamo quindi la curvatura di $\sigma$ come la funzione $k:I\rightarrow\mathbb{R}^+$ di classe $C^{k-2}$ data da $$ k(s) = |\dot{u}(s)| = |\ddot{\sigma}(s)|. $$ Introduciamo anche un’altra notazione, che ci verrà comoda anche per i ragionamenti futuri, ovvero quella di curva biregolare. Abbiamo visto che una curva è regolare se la sua derivata non si annulla mai, mentre è biregolare se la sua curvatura non è mai zero.

E’ quindi un ottimo momento per vedere qual è la curvatura della retta che abbiamo parametrizzato rispetto alla lunghezza d’arco prima, ovvero $$ \sigma(s) = \left(\frac{s}{\sqrt{1+m^2}},s\frac{m}{\sqrt{1+m^2}} + q \right). $$ La derivata è $$ \dot{\sigma}(s) = \left(\frac{1}{\sqrt{1+m^2}},\frac{m}{\sqrt{1+m^2}}\right) = u(s). $$ La curvatura è quindi la norma di $$ \ddot{\sigma}(s) = \left(0,0\right). $$ Ecco quindi "mostrato" che la curvatura di una retta è 0, come avevamo intuito in precedenza ma ora è più rigoroso.

Il perfetto esempio di "curva che curva" è una circonferenza, in tal caso vedremo che la curvatura è costante. La curvatura infatti ci fornisce un valore che è il reciproco di quello che chiamiamo raggio di curvatura. Data una curva $\sigma(s)$ ed un punto $\sigma(\bar{s})$ su essa, possiamo localmente vedere l’archetto nel sostegno intorno al punto $\sigma(\bar{s})$ come l’arco di una circonferenza, questa circonferenza avrà raggio pari a $1/k(\bar{s})$, ed è chiamato raggio di curvatura. Chiaramente tale raggio di curvatura è ben definito solo per curve biregolari, dato che dividiamo per la curvatura che deve essere diversa da zero. Nel caso di curvatura nulla, possiamo invece pensare ad un raggio di curvatura "infinito".

Per capire meglio il concetto ecco un paio di grafici legati alla curva $\sigma(s) = (\log{(s+\sqrt{1+s^2})}, \sqrt{1+s^2}) $ che dovrebbero aiutare:

Qui sopra abbiamo la circonferenza che nel punto $(0,1)$ è in grado di descrivere il modo in cui essa curva, che ha raggio $1 =1/k(0)$. Penso che con queste immagini sia parecchio chiaro cosa intendiamo per curvatura e raggio di curvatura, nel caso ciò non lo sia non farti problemi a scrivere un commento sotto all’articolo 👌.

Oltre al versore tangente, possiamo anche definire un altro vettore molto importante per la curva $\sigma$, che è il versore normale. Intanto notiamo subito una cosa interessante, ovvero che la derivata del versore tangente $\dot{u}(s)$ è perpendicolare al vettore tangente $u(s)$ rispetto al prodotto scalare standard di $\mathbb{R}^n$. Infatti sappiamo che la norma di $u$ è costanetemente uguale a $1$ per costruzione, e quindi $u^T(s)u(s) \equiv 1$. Ciò implica che, se deriviamo entrambi i membri dell’equazione, otteniamo $\dot{u}^T(s)u(s) \equiv 0$, ovvero che $u(s)$ è ortogonale a $\dot{u}(s)$ per ogni $s$.

Possiamo quindi semplicemente normalizzare il vettore normale appena trovato e definire il versore normale alla curva nella posizione $s$. Esso è $n(s) = \dot{u}(s) /|\dot{u}(s)| = \dot{u}(s)/k(s)$. La curva $\sigma(s)$ localmente vive anche in un piano molto particolare, quello che è chiamato piano osculatore. Esso è quello definito dal vettore tangente e dal vettore normale appena definiti, ovvero $\sigma(s) + Span(n(s),u(s))$. Esso varia con $s$ ed è proprio questa variazione che ci permette di definire un altro concetto super importante per la teoria delle curve, ovvero quello di torsione.

Ah..prima di passare a parlare di torsione, ci tengo a dire che il versore normale e la curvatura sono calcolabili anche senza avere disponibile la parametrizzazione rispetto alla lunghezza d’arco, però ho deciso di non trattarla in questo articolo. Se però ti interessa, puoi per esempio andare a studiarti il lemma 1.3.10 del libro Abate Tovena.

Andando ad intuito, come definiresti una curva piana? Probabilmente ti verrà da pensare a delle curve nel piano cartesiano o, se hai un po’ più di esperienza in termini matematici, parlerai di curve in spazi di dimensione più alta ma che però sono contenuti in un singolo piano.

Avendo però appena introdotto cosa intendiamo per piano osculatore, possiamo quindi definire rigorosamente cosa intendiamo per curva piana:

Una curva piana è una curva per la quale il piano osculatore è costante per ogni $s$.

Tuttavia una curva è abbastanza chiaro che possa uscire da un piano, e quindi il piano osculatore torcersi. Per provare a chiarire l’idea, ecco qui un’immagine:

Chiaramente questa curva non sta tutta sullo stesso piano. Calcolare il piano osculatore di questa curva, di parametrizzazione $\sigma(t) = (\cos{t},\sin{t},t)$ passando per la lunghezza d’arco, sarebbe bello intricato e quindi evitiamo. Se però ti va di provare a farlo, ti consiglio di andarti a recuperare la formula menzionata prima (lemma 1.3.10 del libro).

Ora ci concentriamo sulle curve nello spazio $\mathbb{R}^3$. Una cosa molto interessante, è che un piano nello spazio $\mathbb{R}^3$ è unicamente identificato dal vettore normale ad esso. Ricordando quindi che il piano osculatore, nel quale la curva sta in un intorno di un suo punto, è definito dai versori tangente e normale, possiamo calcolare l’unico versore ad essi ortogonali. Questo definirà univocamente tale piano osculatore.

Tale vettore ha anche un nome, è infatti chiamato versore binormale. Esso è definito come $b = u\wedge n$ dove $\wedge$ definisce il prodotto vettoriale tra il versore tangente e il versore normale. Il motivo per cui esso abbia norma 1, e quindi possa essere chiamato versore, è che $u$ e $n$ sono ortogonali e $|b|= |u|\cdot|n|\cdot|\sin{\alpha}| = |u|\cdot|n| = 1$, dove $\alpha$ è l’angolo tra i due vettori, che in questo caso è $\pi/2$.

Tutto ciò ha anche una denominazione, infatti i versori tangente, normale e binormale sono particolarmente rilevanti per lo studio delle curve nello spazio, essi sono chiamati (insieme) triedro di Frenet-Serret associato alla curva $\{u(s),n(s),b(s)\}$.

A questo punto possiamo concludere la nostra discussione definendo cosa si intende per torsione e vedendo un modo semplice per caprie se una curva è piana. Diciamo infatti una curva biregolare piana, se il vettore binormale è sempre costante, infatti esso definisce il vettore ortogonale al piano osculatore. Se quindi lui non varia al variare di $s$, allora nemmeno il piano osculatore lo farà. Di conseguenza, anche il sostegno della curva sarà interamente contenuto in un piano.

Tutto quest’ultimo ragionamento ci porta al dire che il vettore binormale, e il modo in cui varia, è in grado di definire la torsione della curva. Per costruzione, il vettore binormale sarà ortogonale alla sua derivata rispetto ad $s$. Infatti ancora $b^T(s)b(s)\equiv 1$ e quindi $\dot{b}^T(s)b(s)\equiv 0$. Ciò implica che, essendo che ci stiamo riferendo a curve in $\mathbb{R}^3$, se un vettore è ortogonale a $b$, allora vive nel piano definito da $u(s)$ e $n(s)$, ovvero nel piano osculatore. Infatti $$\dot{b}(s) = \dot{u}(s)\wedge n(s) + u(s)\wedge \dot{n}(s) = u(s)\wedge \dot{n}(s) $$ visto che $\dot{u}(s)$ è parallelo a $n(s)$ (è solo la sua normalizzazione). Ciò ci porta anche a dire che $\dot{b}(s)$ è perpendicolare sia a $u(s)$ che a $\dot{n}(s)$, deve quindi essere un multiplo di $n(s)$.

Siamo finalmente pronti a parlare di torsione. Essa è la funzione $\tau:I\rightarrow\mathbb{R}$ di classe $C^{k-3}$, dove $\sigma\in C^k$, tale che $\dot{b}(s) = -\tau(s) n(s)$. Quindi la curva è piana se e solo se la curvatura $\tau(s)$ è identicamente nulla.

In questa trattazione fatta fino ad ora ho preferito dare spazio all’intuizione piuttosto che al ragionamento rigoroso, quindi in certi punti ho omesso requisiti di regolarità delle curve e funzioni utilizzate. Questo non perchè non siano importanti, tutt’altro, però per una comprensione iniziale ritengo sia più importante concentrarsi sul "big picture", dopo per capire meglio il tutto basta addentrarsi nei libri tecnici (come l’Abate Tovena. )

Potremmo dire dell’altro o fare più esempi, ma per ora direi che possiamo finire qui, ci leggiamo al prossimo articolo per proseguire con la discussione riguardo le curve 🚀.

Cosa si studia ad analisi 1?

Ecco alcuni punti chiave del video:

I principali argomenti trattati nel corso sono i seguenti.

  1. Numeri reali: perché ne abbiamo bisogno? Modelli dei numeri reali e definizione assiomatica. Assioma di completezza di $\mathbb{R}$, estremo superiore, inferiore e densità di $\mathbb{Q}$ in $\mathbb{R}$. Breve riassunto dei concetti topologici della retta reale, aperti, chiusi ecc..
  2. Definizione di limite e nozione di funzione continua. Descrizione dei punti di accumulazione, con altri teoremi fondamentali sui limiti (per esempio il teorema dei carabinieri) e sulla proprietà di continuità.
  3. Nozione di derivata, concetto di massimo e minimo, con teoremi annessi. Per esempio il teorema di Weierstrass. Calcolo delle derivate e relative proprietà.
  4. Teorema di espansione di Taylor, serie di Taylor e conseguenti tecniche per risolvere forme indeterminate nei limiti grazie a questi concetti. esempio $$e^x = 1 + x + \frac{x^2}{2!} + \frac{x^3}{3!} + … = \sum_{k=0}^{+\infty} \frac{x^k}{k!}$$
  5. Sviluppo del concetto di serie, somma infinita. Ci si concentra su particolari serie numeriche, si vede cosa si intende per convergenza di serie e vari criteri per valutare questa proprietà.
  6. Introduzione del concetto di integrale, con integrale superiore ed inferiore.  Descrizione delle varie proprietà, delle classi di funzioni integrabili e per esempio del teorema fondamentale del calcolo. Ci si concentra anche sugli integrali impropri (convergenza ecc..)
  7. Equazioni differenziali ordinarie e problemi di Cauchy. Ci si concentra su teoremi di esistenza e unicità, varie classi di ODE per esempio a variabili separabili, a coefficienti costanti del secondo ordine, o metodo di somiglianza –> l’idea è di arrivare a costruire delle soluzioni generali e integrali particolari di ODE. Cenni sullo studio qualitativo.

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